lunedì 26 luglio 2010

A fianco stava una coppia sordomuta, che s’è sfilata l’apparecchio acustico un attimo prima dell’inizio. Se non avessi avuto la fortuna di sedermi proprio in quel posto probabilmente mi sarei limitata ad esserci con le orecchie, senza badare quanto non servissero. Il mio corpo era percorso nella sua interezza: le vibrazioni mi avvolgevano dalla testa ai piedi, come un bendaggio musicale. Stando in prossimità del palcoscenico il pulsare del ritmo e del suono passa dalla pelle e fluisce nelle vene. Si crea un gioco di eco speciale. Loro intonavano dal costato la voce, ne percepivo le note sentendo un delicato “mmm…” utilizzando come vibrafono il corpo. Forse non è così vero che impariamo l’uso della voce per imitazione delle voci che vengono da fuori. A pensarci bene la Parola passa attraverso un’esperienza primordiale (…mi viene in mente anche… “in principio era il Verbo”…), fatta di battito cardiaco, sangue che scorre, rumori, pensieri della mamma che si raccontano al figlio che le cresce nella pancia, suoni e silenzi. Erano lì per sentire, mica per ascoltare, i miei vicini di concerto. E senza saperlo hanno accompagnato anche me.

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